giovedì 28 novembre 2013

Decadentismo

L'han presa bene i suoi. Decaduto diventa deceduto, stile La Pagina della Sfinge - Cambio vocalico, ucciso politicamente dai suoi stessi nemici che dovrebbero averlo sulla coscienza.
Non illudiamoci. Non ce ne siamo liberati e toccherà alla sinistra fare finalmente qualcosa di sinistra ora che l'unico che la riconosceva come tale ha un po' meno voce in capitolo.
Detto questo è decaduto.
Era già decaduto, a dire il vero.
Decaduto e decadente.
Per lo meno etimologicamente parlando.
Di che stupirsi, allora?


martedì 19 novembre 2013

(どうもありがとう Dōmo Arigatō

Domenica a Modena, a incontrare un'amica giapponese arrivata da Tokio per cantare la Messa da Requiem di Verdi nel teatro cittadino. In un novembre insolitamente e piacevolmente tiepido, io e G. ne abbiamo approfittato per far qualcosa che troppo spesso ci manca: regalarci del tempo. Anzi, perderlo proprio il tempo, camminando, chiacchierando, gironzolando per il centro di una cittadina che poco conoscevamo, un piatto di tagliatelle (e che tagliatelle!) in trattoria, il vino, i portici. E finalmente il teatro. Un sorpresa il piccolo gioiello, un vero piacere la musica, e quasi uno straniamento pensare che un coro si costituisca (perché questa è di fatto la sua storia) con il solo scopo di venire a cantare in Italia nel bicentenario verdiano.
Altro che S.P.Q.R.! S.P.Q.J., semmai: Sono Pazzi Questi Jap!
Dopo il concerto eravamo invitati alla cena sociale del coro. Credo fossimo non più di quattro italiani in una comitiva di oltre cinquanta nipponici, quasi nessuno dei quali parlava una lingua diversa dalla loro.
Inclusa la nostra amica, che ha ormai abbandonato da così tanti anni l'Europa, che quel poco di inglese e di tedesco che le avevano regalato i tanti mesi trascorsi al seguito del marito, resident engineer in Germania, si è quasi definitamente perduto.
Se non fosse stato così tremendamente faticoso, sarebbe stato anche comico: cercare di raccontarsi anni di crescita delle figlie, i nuovi lavori dei mariti, la situazione del dopo terremoto con un vocabolario di poche centinaia di parole. Per fortuna le foto (avete mai visto un giapponese senza macchina fotografica? appunto) sono venute in aiuto là dove la parola mancava.
In compenso, eravamo al tavolo con una Hakiko, una Hamiko, una Kimiko, una Hemiko. E quando hanno chiesto il nome di G. hanno esclamato in coro "Gianni Schicchi!", intonando subito dopo "O mio babbino caro", seguite dalle amiche del tavolo a fianco.
E comunque è vero: la ritualità è cosa loro. A partire dall'ossessione maniacale con cui la responsabile del gruppo dirottava i camerieri subito al tavolo del Direttore d'orchestra, alla sequenza di discorsi di ringraziamento che si sono susseguiti per tutta la serata, in un crescendo di rango.
Noi, come i pinguini di Madagascar, abbiamo sorriso e annuito per tutto il tempo. Ci siamo inchinati tutte le volte che ci voleva e forse qualcuna in più. Ci siamo profusi in duemila Arigato e Domo Arigato. Abbiamo posato in tutte le foto in cui siamo stati richiesti e ci siamo prodotti diligentemente nel Sanbon Jime, come fossimo nativi di Osaka.
Cosa chiederci di più?


venerdì 15 novembre 2013

La Grande Bellezza

Non so chi - se dovesse passare da queste parti uno dei blogamici cinefili sappiate che questa è una richiesta di aiuto - dicesse che per fare un film di successo sia sufficiente inserirci dei bambini. O dei cani. O dei bambini e dei cani insieme.
Ora, nel film di ieri sera al cineforum, Anni Felici di Daniele Lucchetti, di cani non ce ne erano. E non ce ne potevano essere ("perché ci si affeziona e poi si soffre quando muoiono") Ma bambini sì. Due in particolare e in un ruolo non certo secondario.
Samuel Garofalo, nel ruolo di Dario, e Niccolò Calvagna, nel ruolo di Paolo vanno oltre qualsiasi stereotipo infantile nel cinema e sono così sorprendentemente in parte che si fa quasi fatica a crederlo.
Comprimari di Guido e Serena, Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti, disegnano un ritratto non agiografico di una famiglia in trasformazione in un mondo in trasformazione.
Un mondo di arte concettuale e di performance d'autore, un mondo, anzi, un momento, nel quale il divorzio è appena stato approvato, un mondo in cui c'erano le cineprese Super-8 e i collettivi femministi.
Un mondo in cui quando l'uomo tradisce non è una storia seria, ma quando lo fa lei diventa qualcosa di importante.
Un mondo in cui i figli chiamano per nome i genitori e nel quale l'assenza diventa, nel finale, presenza.
Non male, davvero, sebbene a tratti lentino.
Imbarazzantemente belli i protagonisti.


Ikea Family

Succede che, di ritorno da un appuntamento fuori sede, uno si trovi a passare davanti all'Ikea.
Succede che si ricordi che la comfort zone del gruppo di lavoro in ufficio sia da qualche giorno drammaticamente sguarnita.
Succede che oggi sia una giornata particolarmente uggiosa e che dunque quell'una persona che casualmente passa davanti all'Ikea decida di porre rimedio alla cosa.
Quindi entra e fa man bassa di biscotti e crackers in diverse forme e declinazioni.
Inclusi i biscotti a forma di lettera.
Che come ogni cosa acquistata all'Ikea richiedono un conseguente montaggio.

Come questo, che esprime tutto l'ammore che circola da queste parti


giovedì 14 novembre 2013

Di Navi, Topi e Capitani

Alle 15 convocazione per tutti in Sala Mensa (S e M maiuscole per nobilitare un luogo dove neppure il riso bollito ha più dignità) per il commiato al Magnifico Direttore (M e D maiuscole per lasciar briglia sciolta su tutti i possibili acronimi alternativi) che torna alla Casa Madre (come sopra), mentre qui pare prossima la firma dell'accordo che ci cederà a un per ora ignoto acquirente.
Discorso di circostanza, commozione di circostanza, strette di mano di circostanza, pasticcino di circostanza.
Mentre sto per tornare alla mia scrivania, una collega bofonchia: "Ma il capitano non era l'ultimo a lasciare la nave?".
"Schettino ha riscritto la storia mia cara", rispondo voltandomi.
Per fortuna MD non ha colto l'ovation. Perché standing lo eravamo già.

martedì 12 novembre 2013

1-2-3-4-5-6-7-8-9-10 e di nuovo 1-2-3......

- G.C. (Grande Capo) ti ho inviato il documento
- Quale documento?
- Quello che venerdì mi hai chiesto di avere assolutamente entro martedì
- Non ricordo
- Il progetto di ridisegno del sito
- Ah si, vero vero. Bene, dopo lo guardo

Peccato che il tono della mail inviata venerdì in copia a duemila persone fosse tutt'altro che vago [ ti chiedo di farmi avere un documento entro martedì prossimo che sintetizzi la nuova visione del prodotto e che sia il presupposto per la discussione - rapida - del nuovo progetto] e che il subject della suddetta mail citasse, tutto in maiuscolo: EXTREMELY URGENT.
Adesso l'Extremely Urgent Project è pronto e io, quando avrò finito di contare, lo inoltrerò con priorità massima a tutti i duemila destinatari da te messi in copia. E suppongo che vorranno discuterlo. Con la stessa estrema urgenza. Naturalmente con te.

venerdì 8 novembre 2013

Rivelazioni


Se avessi dato retta al mio istinto, o per essere più sincera alla mia stanchezza, io al cineforum questa sera non ci sarei andata.
Per una mera questione di pigrizia e voglia di copertina.
E se avessi dato retta al mio istinto, io adesso sarei qui a dispiacermi per aver perso quello che la critica definisce "La rivelazione dell'ultimo Festival di Cannes" o anche "Un western di mafia e d'amore". Sulla sinossi, invece, si parla di film "onirico", tanto per rendere l'idea.
Ma io al cinema questa sera ci sono stata. Perché so che se comincio a bigiare ogni giovedì ho l'alibi pronto. Perché comunque avevo voglia di vedere le mie amiche. 
E adesso, con cognizione di causa, posso dire che "Salvo", di Salvatore Grassadonia, mi ha annoiato mortalmente. E forse sono io che tutta questa autoralità non la colgo, però il western di mafia proprio non è che l'ho visto, a meno che basti la polvere arida sollevata dal vento in una brulla vallata a teletrasportare l'aspettatore nel Nevada.
"Un film su due cecità", pare sia la definizione del regista: una fisica e una morale. Si vero. Però declinato in una lentezza soporifera, più che onirica.
Con l'aggravante della colonna sonora, a cura dei Modà.
E ho detto tutto.

giovedì 7 novembre 2013

Iperboli


Sottotitolo: Spero che lo paghino tanto.
Anzi.
So che lo pagano tanto.

Perché ci vuole tanto, ma proprio tanto pelo sullo stomaco per difendere l'indifendibile. E, invece di chiudere la questione con una semplice ammissione (Sì, il paragone non regge - Si, il parallelismo è fuori luogo - Sì, è andato fuori misura), Sallusti si ritrova a perdere tempo nella ricerca di altrettante ardite analogie con Caporetto e Cristo in Croce. Magari dovendone pure spiegare il significato alle Amazzoni del capo, così che vadano a ripeterlo come un mantra in Tivvù.

Resta poi da capire perché e in ragione di cosa i suoi (suoi del capo, ça va sans dire) figli si sentano perseguitati. Ché mi sembra che né la loro incolumità fisica, né la loro libertà di movimento, tantomeno la loro libertà di azione e i loro beni siano mai stati in discussione. Se non nei limiti che la prudenza impone quando si tratta dei tanto-tanto-tanto ricchi e non necessariamente famosi per merito proprio.

mercoledì 6 novembre 2013

Ohayoo Gozaimasu - Konnichiwa

Ovvero farsi un viaggio a Monaco in giornata e tornarsene con un manuale di Giapponese. E l'invito a studiarlo.
Inutile spiegare come è successo. Del resto non l'ho ancora capito nemmeno io: forse chi me ne ha fatto gentile omaggio non voleva sentirsi solo nell'arduo compito.
Forse è stata una sottile vendetta.
Forse si è fatto gioco di me.
Il fatto è che ho provato a sfogliarlo, il manuale, e mi sono resa conto che, se pur concepito come i frasari di una volta, non fa per me.
Cioè, temo sia il giapponese a non fare per me.
Hajimemashite - inizia la lezione 1. How do you do?
Watashi wa. Miti desu - prosegue. How do you do. I'm Miti.
Non ce la farò mai. Nemmeno se mi ci dovessi mettere sul serio, temo.




lunedì 4 novembre 2013

Laziness


Un fine settimana con - di fatto - due sabati e una domenica è qualcosa da non lasciarsi sfuggire, soprattutto se stai a Milano e il calendario ti spiega che Santambrogio e l'Immacolata ce li giochiamo in un week end.
Così, pur restando a casa, mi sono crogiolata un una infinità di programmini, che passavano dalla cena con gli amici, al riordino di un certo armadio, a un paio di giri shopping, per approdare anche allo smaltimento di qualche arretrato lavorativo, giusto per non sentirmi in colpa.
Il consuntivo, a parte la cena con amici, alla fine si ferma a quota zero.
Nulla.
Non ho combinato nulla.
Oggi pomeriggio mi sono pure rivista La Storia Infinita, con l'orrenda canzone di Limahl a far da colonna sonora, pur di non schiodarmi da casa e dal divano.
Una pigrizia cosmica.
E sensi di colpa pari a zero.
Del resto la cena a base di polenta e baccalà credo mi abbia fatto guadagnare qualche bonus riposo. Credo eh.


venerdì 1 novembre 2013

C'era una volta la Formula 1

Dio benedica il cineforum, soprattutto quando il cineforum significa, come questa sera, Rush, il film di Ron Howard che racconta la storia di due uomini, James Hunt e Niki Lauda e attraverso la loro storia racconta anche quella di un mondo che sembra lontano anni luce da noi. Quello della Formula 1 degli Anni Settanta.


Bello, guascone, donnaiolo inveterato James Hunt, è il contraltare - ma in fondo anche il complemento - ideale del freddo, rigoroso, tecnicissimo e in fondo anche un po' stronzo Lauda.
E c'è tanta umanità in un film che racconta un mondo dominato dalle macchine, che uno non se l'aspetta. Come, del resto, non mi aspettavo di essere catapultata indietro nel tempo, a ricordare le morti tragiche di Villeneuve, di Ayrton Senna, l'incidente del Nürburgring, ma anche quelle domeniche di settembre sul prato a Monza.
Sono anni che alle gare non ci vado più, in fondo non son mai riuscita ad appassionarmi davvero, però mi è capitato spesso di andare alle prove, assistendo dal paddock e dai box.
E mi son resa conto di come sia cambiato questo mondo, di quanto la tecnologia abbia portato in termini di sicurezza, forse togliendo spazio all'umanità e alla personalità del pilota.
Nel film Lauda ripete due volte che il 20 per cento è il tasso massimo di rischio mortale che il pilota può portare in gara. Credo che si sia notevolmente ridotto in questi anni, e per fortuna. '
Anche se adesso sono sonde e computer che mantengono le gomme alla giusta temperatura e non c'è nessuno che sotto il sole del Brasile le raffredda con badilate di ghiaccio.
Spettacolari le riprese, intelligente la regia, meravigliosi sia Daniel Brühl nel ruolo di Niki Lauda, sia Chris Hemsworth nella parte di Hunt, bello e dannato come una rockstar dalla breve parabola. E infatti...
Va bene. C'è anche Pierfrancesco Favino, che interpreta Clay Regazzoni. Ma lui a me piace.