venerdì 20 settembre 2013

Come passa il tempo [quando ci si diverte]

Bene. A conti fatti (questa volta è facile, visto che l'ultimo post è datato 31 luglio) non ho più scritto una riga per un mese e 19 giorni. E visto che l'un mese era agosto, significa che me ne sono stata in vacanza da queste lande per 50 giorni netti. [ehm ehm ehm.. per amor di verità e prima che gli amici dei numeri mi tirino le orecchie, ho iniziato questo post che era ancora il 19 settembre eh!]
Non male.
Soprattutto se conto che le mie vacanze vere si sono fermate a 14 giorni. Più due. Che spiego dopo.
In realtà sono stata 50 giorni intensi, nei quali sono riuscita a far star dentro di tutto, lavorativo e non. Così, se dovessi tirare la famosa riga alla fine del foglio, il bilancio sarebbe più che positivo.
E in effetti più di una volta, in questi 50 giorni, ho pensato ai temini del lunedì-mercoledì-venerdì, ma il resoconto credo si sarebbe fermato solo alle bellezze del venerdì: quasi stucchevole.
E giusto per chi fosse interessato, oltre che per me, dovessi perdere la memoria di colpo, mi lancio nell'ardito riassunto dei 50 giorni in un solo post.

Le due settimane di canoniche ferie le abbiamo trascorse in Irlanda, con il gruppo degli amici di sempre.
Una settimana dalle parti di Galway e del Connemara, tra panorami mozzafiato, mucche e pecore, e una settimana nella contea di Dublino, pronti a innamorarci non solo della Biblioteca del Trinity College.



Alla fine, il giudizio unanime è che ci siamo trovati benissimo. A parte l'essere stati graziati dal tempo - e giusto oggi un irlandese mi ha confermato la fortuna di aver avuto un'estate eccezionale - è stato un riassaporare la bellezza. Una bellezza che sta nei luoghi e nelle persone, nella musica, nella storia, nel cibo, per tacere, ça va sans dire, della birra. Che non è leggenda che la Guinness bevuta a Dublino ha tutto un altro sapore.


Naturalmente siamo consapevoli che quel che non abbiamo visto è molto di più di quel che siamo riusciti a scoprire. Il che apre già la possibilità di un ritorno. Prima o poi, chissà.


Il rientro in ufficio è stato traumatico come sempre. Che se tutti sono in vacanza, mi domando come fanno ad accumularsi gli arretrati sulla scrivania. Secondo me, me li nascondono per farmeli ritrovare solo al ritorno. E poi c'è tutto il nuovo. Progetti progetti progetti. A volte, per indorare la pillola, il capo li chiama progettini, giusto per illudermi che sia una sofferenza breve. Ma sempre sòle alla fine sono. 

E tra un progetto grande e uno piccolino, son riuscita infilare una tre giorni (partita martedì, rientrata giovedì, quindi da prendersi in senso l-e-t-t-e-r-a-l-e) a New York. Ma giuro che ne vale la pena. Perché quel paio d'ore che mi son ritagliata all'arrivo e l'ultimo giorno prima della partenza mi han ripagato del rimbambimento da fuso orario. Son riuscita anche a infilarmi in una mostra alla Public Library, dedicata all'importanza della lettura per i bambini: piccola chicca di rara poesia. 


Tutto questo, naturalmente, in mezzo agli esami universitari delle due più grandi, tesi inclusa, il rientro al liceo della piccola, qualche viaggio del marito e svariati altri intrugli che potrebbero anche togliere il fiato se non fosse che, per fortuna, sono vita.

E poi c'è stata l'appendice. Gli altri due giorni di vacanza che mi sono regalata andando a riscuotere il mio regalo di compleanno.
Una gita a Zurigo a trovare mio fratello e io e lui, insieme, a vederci il concerto di Roger Waters (The Wall) al Letzigrund.
Al di là della bellezza dello spettacolo, al di là della generosità di mio fratello, che ha preso proprio i posti sotto il palco, c'è stata anche la meraviglia del tempo trascorso solo io e lui. Che un po' ci fa ritornar bambini, anche se da tempo non lo siamo più.



Adesso mi sto preparando per una nuova partenza. Ma questa la racconto la prossima volta!

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