sabato 28 settembre 2013

If you are going to San Francisco...

... Be sure to wear some flowers in your hair
Questa volta me la gioco facile facile la faccenda delle tre cose belle della settimana.
Perché quando la settimana uno la trascorre a San Francisco, fa davvero in fretta a dimenticarsi i ritmi di lavoro che certi eventi comportano, il jet lag, il volo in economy non proprio confortevole e anche qualche eccesso di junk food, molto junk e poco food.
Quindi, la prima cosa bella della settimana è la settimana in sé. Tout court.
La seconda cosa bella è quella che io e la mia collega (si, oltre al tignosino c'era anche la mia collega-concorrente-amica, rassicurante certezza dei miei viaggi OltreOceano) normalmente definiamo "una-cosa-che-quando-ci-ricapita". Ovvero un invito ad assistere da un deck proiettato sulla boa di arrivo alle regate della Coppa America. Anche per una come me, che di vela ne capisce poco e di regate ancora meno, è stato semplicemente appassionante. Soprattutto l'atmosfera, il tifo, i supporter: cose difficili da immaginare quando l'unica cosa che dell'evento si conosce è qualche servizio del telegiornale.




E poi la piccola follia di ieri mattina, poche ore prima del volo che ci riportava in Italia. Sveglia all'alba, bagagli fatti, check out, un paio di autobus in mezzo alle persone che andavano a scuola e al lavoro, per arrivare a farci una passeggiata sul Golden Gate prima dell'arrivo dei turisti, dei pullman, dei gruppi. E mentre anche la caffetteria del ponte era ancora chiusa, a goderci lo spettacolo eravamo in quattro: io e lei e due motociclisti tedeschi a bordo di due Harley a noleggio. Della serie Europa chiama America.


E l'America rispose con un mattino limpido, senza tracce di nebbia, e con una mezza luna a far capolino tra i tiranti di uno dei Gate più belli del mondo.


giovedì 26 settembre 2013

[In]spiegabile

La gentile signora alla reception dell'hotel sorride quando le chiedo in prestito un paio di forbici per tagliare una fascetta impossibile da rompere altrimenti.
I need your credit card, tuba soave.
Non capisco... il tempo di salire in camera, tagliare la fascetta e scendere. Cinque minuti in tutto, credo.
Yes, but I need your credit card. 
Stanza 3-1154...
Yes, but I need your credit card anyway, rituba inflessibile.
Morale, glie l'ho lasciata in ostaggio.
Mai discutere con una receptionist che brandisce le lame di cui tu hai un disperato bisogno.

Inspiegabile per inspiegabile: oggi sono entrata nel negozio Levi's per soddisfare una richiesta delle fanciulle in fiore. Da oculata acquirente, mi sono diretta nella zona clearance, fedele al motto "non si sa mai", per uscire dopo una ricerca un po' estenuante con tre paia di jeans nella foggia e nelle taglie giuste, scontati del 50 per cento. Alla cassa, scopro che al 50 per cento si aggiunge un ulteriore 50 per cento sullo scontrino.
Risultato: 27 dollari per tre paia di skinny jeans. La mia aria trasecolata ha dimolto divertito la commessa. Sono scappata fuori prima che ci ripensasse. 

mercoledì 25 settembre 2013

[Ir]rilevante

Compagni di viaggio. Qualcuno te lo scegli, qualcuno ti capita. E a me questa volta ne è capitato uno davvero insopportabile.
Mi irrita, ecco. Tignosino, puntigliosino, pretenziosino. Con quella punta di saccenteria che ha il potere di farmi venire l'orticaria.
Per fortuna non sono obbligata a trascorrere con lui anche i momenti liberi di questo viaggio di lavoro.
Di conseguenza, come prima cosa negativa della settimana posso dire che siamo ancora a livello di "irrilevante".
La seconda e la terza lo sono ancor di più, posto che vi siano.
Forse un po' di eccesso di junk sul fronte food, soprattutto quando si tratta degli orribili lunch box di mezzogiorno. Compensati però da un paio di cene - una di carne e una di pesce - davvero meravigliose.
E poi si è rotto il frigorifero.
A casa.
Mentre io sono OltreOceano.
Questo significa che la gestione della prima fase della rogna non è stata mia. Mi preoccuperò della scelta del nuovo frigo al rientro. Con calma.
Cosa dicevo?
I-r-r-i-l-e-v-a-n-te.

martedì 24 settembre 2013

[In]discutibile

L'abbigliamento dei supporter all'America's Cup raggiunge picchi davvero notevoli.



I supporter di New Zealand bastano come testimonianza?



venerdì 20 settembre 2013

Come passa il tempo [quando ci si diverte]

Bene. A conti fatti (questa volta è facile, visto che l'ultimo post è datato 31 luglio) non ho più scritto una riga per un mese e 19 giorni. E visto che l'un mese era agosto, significa che me ne sono stata in vacanza da queste lande per 50 giorni netti. [ehm ehm ehm.. per amor di verità e prima che gli amici dei numeri mi tirino le orecchie, ho iniziato questo post che era ancora il 19 settembre eh!]
Non male.
Soprattutto se conto che le mie vacanze vere si sono fermate a 14 giorni. Più due. Che spiego dopo.
In realtà sono stata 50 giorni intensi, nei quali sono riuscita a far star dentro di tutto, lavorativo e non. Così, se dovessi tirare la famosa riga alla fine del foglio, il bilancio sarebbe più che positivo.
E in effetti più di una volta, in questi 50 giorni, ho pensato ai temini del lunedì-mercoledì-venerdì, ma il resoconto credo si sarebbe fermato solo alle bellezze del venerdì: quasi stucchevole.
E giusto per chi fosse interessato, oltre che per me, dovessi perdere la memoria di colpo, mi lancio nell'ardito riassunto dei 50 giorni in un solo post.

Le due settimane di canoniche ferie le abbiamo trascorse in Irlanda, con il gruppo degli amici di sempre.
Una settimana dalle parti di Galway e del Connemara, tra panorami mozzafiato, mucche e pecore, e una settimana nella contea di Dublino, pronti a innamorarci non solo della Biblioteca del Trinity College.



Alla fine, il giudizio unanime è che ci siamo trovati benissimo. A parte l'essere stati graziati dal tempo - e giusto oggi un irlandese mi ha confermato la fortuna di aver avuto un'estate eccezionale - è stato un riassaporare la bellezza. Una bellezza che sta nei luoghi e nelle persone, nella musica, nella storia, nel cibo, per tacere, ça va sans dire, della birra. Che non è leggenda che la Guinness bevuta a Dublino ha tutto un altro sapore.


Naturalmente siamo consapevoli che quel che non abbiamo visto è molto di più di quel che siamo riusciti a scoprire. Il che apre già la possibilità di un ritorno. Prima o poi, chissà.


Il rientro in ufficio è stato traumatico come sempre. Che se tutti sono in vacanza, mi domando come fanno ad accumularsi gli arretrati sulla scrivania. Secondo me, me li nascondono per farmeli ritrovare solo al ritorno. E poi c'è tutto il nuovo. Progetti progetti progetti. A volte, per indorare la pillola, il capo li chiama progettini, giusto per illudermi che sia una sofferenza breve. Ma sempre sòle alla fine sono. 

E tra un progetto grande e uno piccolino, son riuscita infilare una tre giorni (partita martedì, rientrata giovedì, quindi da prendersi in senso l-e-t-t-e-r-a-l-e) a New York. Ma giuro che ne vale la pena. Perché quel paio d'ore che mi son ritagliata all'arrivo e l'ultimo giorno prima della partenza mi han ripagato del rimbambimento da fuso orario. Son riuscita anche a infilarmi in una mostra alla Public Library, dedicata all'importanza della lettura per i bambini: piccola chicca di rara poesia. 


Tutto questo, naturalmente, in mezzo agli esami universitari delle due più grandi, tesi inclusa, il rientro al liceo della piccola, qualche viaggio del marito e svariati altri intrugli che potrebbero anche togliere il fiato se non fosse che, per fortuna, sono vita.

E poi c'è stata l'appendice. Gli altri due giorni di vacanza che mi sono regalata andando a riscuotere il mio regalo di compleanno.
Una gita a Zurigo a trovare mio fratello e io e lui, insieme, a vederci il concerto di Roger Waters (The Wall) al Letzigrund.
Al di là della bellezza dello spettacolo, al di là della generosità di mio fratello, che ha preso proprio i posti sotto il palco, c'è stata anche la meraviglia del tempo trascorso solo io e lui. Che un po' ci fa ritornar bambini, anche se da tempo non lo siamo più.



Adesso mi sto preparando per una nuova partenza. Ma questa la racconto la prossima volta!