sabato 5 marzo 2011

Passion Ebook

Ovvero quello che ho visto, sentito e, spero, imparato, in una giornata di lavoro.

A dire il vero le giornate sarebbero tre: vanno avanti fino a domani. Ma io più che il primo giorno non riuscivo a starci e ci mancava poco che mi baciassi i gomiti. Piutost che nient l'è mej piutost, diceva mia nonna. Saggezza meneghina. Comunque anche solo nella prima giornata di carne al fuoco ne è stata messa tanta, e cercare di condensarla in un post non è cosa semplice. Magari di post ne faccio anche più d'uno e così scappa la paura.

Il primo punto, della giornata di ieri, è che finalmente non ho sentito nessuno partire con la solita manfrina del libro di carta, del profumo dell'inchiostro, del fruscio della carta. Un passo oltre. Anche due va. Diciamo che la questione è assodata: c'è un mondo che sta andando in una certa direzione, come si affronta il cambiamento? come si fa sistema? qual è il punto di sostenibilità? quali i modelli di business possibili?
Brutale, nel contempo, il realismo. Di che cosa stiamo parlando? Di una cosa che vale lo zerovirgolazeroqualchecosa di un mercato, ben più grande, che è quello librario nel suo insieme. E che per quanto cresca, ce ne vorrà prima che arrivi a un cinque, un dieci o un venti per cento.
Ma per quanto tempo ci metterà, imporrà a molti di cambiare. Alle librerie? Certo. Anche se, attenzione, prima degli ebook è l'ecommerce che le mette in crisi. E questo già da ora.
Il libro di carta sparirà? Nemmeno per sogno. E non solo perché comunque resta un'idea di conservazione e possesso che è impossibile scalfire, ma anche e soprattutto perché ebook ed ereader son cose da lettori forti. Uno che legge tre libri all'anno non ha interesse né necessità di migrare al digitale.
Detto questo, si arriva alla vexata quaestio. Ma quanto deve costare un libro digitale? Meno. Su questo son d'accordo tutti. Anche lasciando perdere la questione dell'Iva, che sui libri cartacei è al 4% e sugli ebook è al 20, perché equiparati a servizi digitali, il risultato è che devono costare meno. E questo anche a prescindere dall'altrettanto stantia manfrina che si eludono i costi di stampa, magazzino, trasporto.
A me è piaciuta la spiegazione di Mauro Zerbini, patron di Ibs: "Devono costare meno perché il valore percepito è più basso. Uno si compra un libro per tenerselo in libreria e magari mai sfogliarlo. Ma uno non compra un libro elettronico per tenerselo sul reader. Uno lo compra per leggerlo. Per consumarlo. E già questa idea di consumo sminuisce il valore percepito del libro elettronico. E poi, diciamocela tutta. Una volta i nonni portavano i nipoti in cantina e passavano loro i libri della loro infanzia. Quanti dei libri che abbiamo nelle nostre case vengono da questi passamano generazionali. Vi ci vedete tra vent'anni a passare i vostri file ai vostri nipoti?".

2 commenti:

  1. Condividendo l'idea dell'acquisto finalizzato al solo consumo, credo che l'ideale sarebbe un abbonamento ad una certa casa editrice che mi mette a disposizione un libro, due libri, tre libri al mese per leggerli e poi se li riprende nel suo mega hard disk. Diciamo che io 5 euro al mese per un servizio del genere li pagherei volentieri, come ne pago 20 al mese per vedermi quelle 4-5 partite di calcio al mese. PS: solo per stasera forza Juve.

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  2. Ciao V! Interessanti e presentate in un altro convegno che si è svolto in contemporanea a Milano, sono le iniziative che coinvolgono le librerie. Il prestito librario diventa prestito di file in uso a tempo. Questo significa poter rendere disponibile lo stesso testo a più utenti contemporaneamente, limitare il rischio perdite, ottimizzare la gestione dei flussi. In America, poi, è la stessa Amazon che ha introdotto anche il concetto di prestito dei libri presi per Kindle. Volendo, si posso o prestare a un amico, per quindici giorni. In quello stesso lasso di tempo, i testi non saranno più disponibile sul proprio dispositivo. È un mondo in fermento.

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