venerdì 31 dicembre 2010

As Time Goes By [ma 'ndo va?]

In realtà propositi per l'anno nuovo non ne faccio mai, dal momento che li faccio a settembre. Regressione, lo so. Ma l'anno inizia come quando si va a scuola: dopo le vacanze estive. Per cui semplicemente passate le feste e gabbato lo santo si ricomincia, pressapoco come prima.
La questione che mi mette ansia, se proprio proprio di ansia vogliam parlare, è la velocità con la quale si sta già riempiendo l'agenda del prossimo anno. Considerando che i cosiddetti impegni ufficiali iniziano col 10 gennaio, ho già bloccato il 13, il 25, il 28, il 31 gennaio e il 1° febbraio. Il che significa che mi sono già fulminato il primo dodicesimo di anno senza aver nemmeno iniziato. Non vale.

Ah, la mia canzone per l'anno nuovo è questa.

(almeno fin che non me ne viene in mente un'altra)

E.u.genia 1 e 2

Senti, andiamo oggi pomeriggio presto a fare la spesa per domani sera, così ci evitiamo la ressa del 31.
Le ultime parole famose. Esattamente come la partenza intelligente del primo fine settimana di agosto.
Tutti in coda alle casse. Anche noi.
Geniali.

giovedì 30 dicembre 2010

Genetica

Entusiasta del lavoro svolto in soffitta, l'uomo di casa è preso dalla sindrome del già che ci siamo e pensa al repulisti generale. Temo sia il suo modo di esorcizzare l'anno nuovo che arriva. Punta il dito verso le figlie, stile nomination del grande fratello, e propone di mettere mano ai loro armadi, alle loro stanze, ai loro scaffali. Gli offro, in cambio della pace domestica, due-dicasi-due dei miei cassettoni in cucina. Ma dopo essersi sbarazzato di qualche set di posate da insalata, che tanto usi le altre, un pelapatate, che tanto ne hai uno nuovo, di innumerevoli coltellini spalmaburro e di un numero imprecisato di apribottiglie torna alla carica. Sentendomi come Kofi Annan nel 2003, cerco la mediazione. C'è sempre la stanza-rifugio. Quella che serve da ufficio, da sala tv, da sala giochi, da sala lettura e che è un coacervo di oggetti e scatole di disparatissima provenienza. L'illusione di aver avuto un'idea geniale dura non più di cinque minuti. Perché entra in gioco la genetica, e con la genetica c'è davvero poco da scherzare. Così quel lui conserverebbe senza ombra di dubbio è quel che loro butterebbero dritto nel rusco. E viceversa. Ho assistito a venti minuti di discussione sull'opportunità di buttare una scatola piena di pacciami ricevuti in dono dalle amichette delle elementari, sorpresine Kinder incluse. La scatola, per amor di cronaca, nel rusco ci è finita davvero. Ma solo accompagnata, per par condicio, da un portainchiostro anni Settanta, che forse, dico forse, lui utilizzava per i disegni a china a scuola. Trincerandosi dietro il suo può sempre servire (formula magica alla quale le figlie femmine contrappongono l'altrettanto taumaturgico ma è un ricordo) ha resistito fin che ha potuto, poi lo ha gettato nel sacco con un sospiro e io mi sono impegnata con le tre mostre a controllare che non venga recuperato in extremis. E giuro controllerò.

mercoledì 29 dicembre 2010

Sentimentalia

In questa casa il già che ci siamo è quasi una regola. Temutissima, per altro, soprattutto dalla parte minorile della famiglia che la legge solo nell'accezione di incombenze aggiuntive all'orizzonte. E il già che ci siamo, in questo caso nell'accezione del già che siamo tutti in casa nello stesso momento, è saltato fuori anche ieri. Insieme alla splendida idea di svuotare la soffitta dalla montagna di ciarpame che la affolla da diciotto anni. Con meno sette gradi fuori e un sottotetto non coibentato la proposta è stata accolta con grida di giubilo. Come poteva essere diversamente? Tempo tre ore e ci siamo ritrovati sporchi come spazzacamini e con una montagna di roba da portare in discarica, che ci son voluti tre viaggi con la mia Kangoo a pieno carico. Oltre a qualche memorabilia da lucciconi agli occhi. Come i fiocchi con i quali abbiamo annunciato al mondo vicinato la nascita delle tre pargole. Un po' impolverati, ma ancora graziosi, tanto che il padre, con un raro tono commosso, li ha offerti alle figlie, perché li conservassero tra le loro cose.
"E' un ricordo vostro, mica nostro", le infami risposero. Ho visto Franti sorridere, dietro le loro spalle.

martedì 28 dicembre 2010

Natale Lato B

Il Lato B del Natale si mostra verso mezzanotte. Quando satolla di cibo e affetto stai per tornare a casa tua, happy family al seguito. Ha l'aspetto di due uomini arrabbiati. Ha l'odore del troppo alcool bevuto. Ha il rumore di colpi ora secchi, ora soffocati. Ha la voce di tuo marito, di tuo padre, di tuo fratello, che cercano di dividere, calmare, parlare. Ha il volto tumefatto di un uomo che di pugni ne ha presi un sacco e ancora ne prenderebbe, se non ci fossero di nuovo tuo marito, tuo padre, tuo fratello che trattengono, parlano, blandiscono. Ha la voce dell'operatore del pronto intervento, che chiami perché almeno un'ambulanza arrivi. Ha il suono del tempo, quanto tempo, che passa. Mentre uno piange, mani e volto piene di sangue. L'altro che aspetta fermo e racconta senza fermarsi un attimo. Di anni-giorni-ore spesi a lavorare. Del suo rancore verso l'altro, le sue sbronze, la sua violenza. Non diversa da quella che sente dentro lui, adesso.
E poi ci sei tu. Che mentre il tempo scorre senza nessuno in arrivo, ti avvicini al bar ancora aperto e chiedi due camomille o due thè, qualcosa di caldo per loro. Paghi, certo, mica gratis. E ti senti rispondere no. Che loro a quelli lì, ai marocchini, il thè non glie lo danno. Che lì dentro non ce li vogliono. Che vadano in stazione. Peccato che fino a mezzora prima i loro soldi, quelli con i quali si son pagati le birre e qualunque altra cosa abbiano bevuto, gli siano andati benissimo e non avessero provenienza nè cittadinanza. Te ne vai. Tua madre, su in casa, prepara un thermos. E intanto, finalmente, anche l'ambulanza arriva.

lunedì 27 dicembre 2010

Ho un sassolino nella scarpa...

...e prima di parlare del lato B del Natale ho deciso di togliermelo. Perché mi son resa conto che mi dà proprio fastidio. Mi è capitato di leggere in questi giorni svariate invettive e depressioni natalizie. Di chi il Natale non lo sente, di chi gli fa angoscia, di chi gli mette ansia e di chi vorrebbe svegliarsi direttamente al secondo fine settimana del nuovo anno. Liberi. Liberissimo, ognuno, di vivere e sentire o non sentire questi giorni come gli pare e piace. Non liberi, però, di etichettare chiunque altro viva e senta questi giorni diversamente come ipocrita o consumista o tutti e due già che ci siamo. Non intendo avvolgere di atmosfere di zenzero e cannella chi a zenzero e cannella è allergico. Ma non intendo nemmeno dare articolate spiegazioni del perché, invece, io questi giorni me li godo davvero. E da sempre.  Senza ipocrisie.

domenica 26 dicembre 2010

Natale Lato A

Quel che a me piace del Natale è soprattutto il tempo che ci regaliamo per stare insieme. Senza orologi, sveglie, appuntamenti, ritmi e orari. Si sta. Semplicemente si sta. Fin che ce n'è. Fin che ci va. Che mi riecheggia Ligabue, ma siccome non lo reggo, temo sia anche vero. Va beh. Quest'anno è stato esattamente come l'anno scorso e quello prima ancora e quello prima prima, e c'è questa cosa rassicurante delle non-novità che toglie anche ogni parvenza di stress al tutto. Rito dei regali incluso. Che poi sembra che questa volta ci abbiamo preso davvero tutti, segno che nessuno ha fatto le cose a caso. Nemmeno mio fratello, che ha saputo reinventare la stantia abbinata cioccolato + mancetta togliendovi ogni patina di ovvietà. Così per mesi, sospetto probabilmente per tutto l'anno, visto il risultato, di ritorno da ogni passaggio in Italia, ha provveduto a versare tutti gli euro di moneta rimastigli nelle tasche, in macchina e nel portafoglio in un vaso di vetro. Che debitamente sigillato è stato consegnato alle nipoti in estasi. Che avrebbe portato del Toblerone, poi, se lo aspettavano, visto che glie lo avevano chiesto con insistenza, come se in Italia fosse merce rara e introvabile. Le ha accontentate. Presentandosi con un Toblerone da un metro. Spaziale ed esageratissimo. Quattrochiliemezzo di cioccolato, mandorle e miele. Che gli ho preannunciato verranno equamente ripartiti tra tutti i pargoli del nostro gruppo di amici. Cosa del resto da lui ampiamente prevista. Altrimenti il prossimo Natale gli tocca regalarci il conto del dentista e diabetologo.

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Per Imma... Rende l'idea?

giovedì 23 dicembre 2010

Nataliziosità



Comunque ai miei colleghi, quelli ai quali voglio bene, ho regalato il Vov. Quello fatto con le mie manine andando a rispolverare la ricetta della nonna. Che era davvero un sacco che non lo facevo. Anzi, era un sacco che non lo bevevo. Poi una sera a cena mi han proposto l'alternativa. Vov o Limoncello. Vov tutta la vita, per una che il limoncello non lo regge, amenochenonsiaquellodellaziachequellosìchesadiscorzadilimoneedèbuonissimo. Così mi è venuta l'ispirazione. E vai di uova, di marsala, di zucchero, di alcool. Con un profumo per casa che sapeva di cose buone. E da quel che ho capito è come se avessi riproposto un tuffo nel passato. Perché la mia nonna il Vov non lo chiamava Vov ma ricostituente. E in tempi opulenti nessuno ne aveva bisogno per tirarsi su. Adesso fa un po' da psicoterapia, I presume. Anche ai miei colleghi.

Ghe pensi mi

Che credo sia una delle espressioni del bauscia meneghino che meno mi piace. Soprattutto perchè la penso sempre pronunciata con la voce del diversamente alto che sta a Palazzo Chigi.
Comunque a Natale ghe pensi mi. Cioè, invento, penso, cerco e trovo regali. Per tutti. Perché prima erano le bimbe, che tu sai meglio di me cosa vorrebbero avere, poi loro son cresciute e allora non son più bambine e lo sai bene che non è facile, poi il papà per la mamma, poi il fratello per mamma e papà, che ci pensi tu vero, che mica sto a portare poi da Zurigo, poi il suocero per il marito, che io non li conosco più i negozi e poi con questo caos non mi muovo volentieri.
Invece io sì. Io caracollo volentierissimo dopo l'ufficio, entrando a mò di razzo da una parte e poi dall'altra, con la mia checklist ben salda in mano. Che in realtà, forse la cosa più lunga è stata proprio la checklist, perché io ci ho anche questo difetto, che a me i regali in serie non piacciono mica e allora sto a pensare, architettare, combinare. Fino al rush finale.
Pensavo di farne una nuova professione. Per il prossimo anno. Se mi pagate, ghe pensi mi.

mercoledì 22 dicembre 2010

Badanti

Non si può mettere la badante di Bossi a vicepresidente del Senato.
Nè farle presiedere qualsivoglia cosa, men che meno una seduta delicata come quella di ieri.


[non è mia, ma la sento tale]

martedì 21 dicembre 2010

Genitorialità

Mi sono volutamente astenuta, domenica e ieri, da qualsiasi commento sulle scellerate parole di Gasparri. Perché le mie figlie in piazza ci vanno. Perché manifestano. Perché protestano. Perché si incontrano e si confrontano. E io faccio fatica a vedere nei loro faccini, nelle loro sciarpe, nei loro guanti colorati i pericolosi sovversivi di cui parla il capogruppo dei senatori Pdl. Né riesco a vedere tra i loro amici i potenziali assassini che dovrebbero farmi opporre al loro desiderio di dire No a qualcosa che toglie loro ancora un pezzo di futuro. E mentre Gasparri blaterava, domenica, G. era in presidio, a Cairoli, con i suoi amici. Orgogliosa di esserlo. Orgogliosa di leggere lei, per la prima volta col megafono in mano, numeri, cifre, dati sui tagli che la sciagurata riforma porta alla sua scuola. E io non so che faranno domani a Milano gli studenti. Ma mi vien voglia di andare con loro.

Simpatici mestieri in via d'estinzione

Come le rimagliatrici di calze, gli aggiustatori di dischi del telefono, i dottori delle bambole di celluloide,
dal 1° gennaio scompariranno le piegatrici di sacchetti di plastica.
Deo Gratias.


P.S. Ho scoperto che su Google alla ricerca piegare sacchetti plastica a triangolo corrispondono 6.430 risultati. Estiquatsi.  

domenica 19 dicembre 2010

Momenti di [non]trascurabile felicità


Che poi Eto'o l'ho visto qualche tempo fa, mentre ero a una colazione di lavoro a Milano.
Era a meno di tre metri da me. E credo di non essere stata l'unica a rischiare più volte di perdere il filo del discorso.

sabato 18 dicembre 2010

E meno male che non era un ponte

Che mezza Italia si blocchi, tra camion di traverso in autostrada, treni fermi per linee aeree fuori uso, metropolitane in tilt per il freddo, è solo l'ultima dimostrazione dello sfascio cui è giunto questo disgraziato Paese. Perché non mi risulta che le neva caduta ieri, quella sulla quale ironizzavo poco meno di 24 ore fa, sia stata epocale. Una nevicata dicembrina. Come le nostre latitudini, longitudini e pure il calendario annoverano tra gli eventi possibili.
Certo che se mancan fondi, soldi, personale, mezzi, manutenzione, sale - anche in zucca -, lo sfascio è il minimo che ci si può aspettare.
Però loro ci hanno i grandi disegni, le grandi opere. Dal ponte sullo stretto al nucleare. Visto come san gestire due gocce d'acqua e tre centimetri di neve, io resto sempre più perplessa sull'opportunità di far gestire a uno qualsiasi di loro una centrale, o anche solo un pilone del ponte.

venerdì 17 dicembre 2010

Socialcoserie ovvie

Credo che il cinquantapercento dei miei contatti milanesi su facebook questa mattina abbia aggiornato il proprio status con la parola Neve.
E ce lo so. E ce lo sappiamo. Siamo troppo cresciuti per credere sia polistirolo. Siamo troppo incazzosi per illuderci che sia polvere bianca. Quella polvere bianca. Quindi è neve. A dicembre. Ci sta. A Milano, giuro, ci sta. Come ci sta che faccia freddo. Anche tantissimo freddo eh. Quindi passiamo oltre. Magari evitando di ricordarci, socialcosamente, che tra otto giorni è Natale.

giovedì 16 dicembre 2010

Il buongiorno si vede dal mattino

Mi rendo conto che è una questione molto infantile. Però quando mi sveglio al mattino e trovo un nuovo google-doodle sorrido. Uscita dall'età dell'ovetto Kinder, è la sorpresina per la giornata. Mi accontento di poco, lo so. Comunque quando il doodle è legato a qualche personaggio che amo, sorrido un pochino di più. Sempre per la solita metafora dell'ovetto e della Kinder. Per cui, stamattina ho sorriso proprio tanto quando ho visto che Google ha deciso di celebrare Jane Austen. Che 235 anni non è che son proprio pochi. Però per una vecchia sentimentalona come me Pride and Prejudice resta uno dei romanzi più piacevoli della mia vita da lettrice. Di quelli che ogni tanto riacchiappo e sfoglio, giusto per leggere un paio di pagine. Meglio di Topolino, cioè.

Comunque ieri sera al cineforum ho visto Inception.
Sarà per questo che ho dormito un sonno senza sogni?

mercoledì 15 dicembre 2010

La Canzone del Giorno

Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così
Che abbiamo noi
Che abbiamo [già] visto Genova...

martedì 14 dicembre 2010

[Imbarazzanti] Mercatini di Natale

Impegnarsi per lavorare, mentre nella schermata sottostante scorrono gli Sms di Aldo Cazzullo è un vero e proprio cimento. Comunque al Senato la fiducia glie l'hano data, ma questo si sapeva. Alle Camere la chiama (sic!) è ancora in corso, ma già è chiaro come finirà. Perché poi quelli del si, del no, del forse, del ma, del cosa mi dai in cambio alla fine sono tornati tutti all'ovile. Pecunia non olet, dicunt. Ma per favore ci risparmiassero la parola responsabilità. Grazie.


Sogni d'oro

Spero abbiano dormito bene, i vari Scilipoti, Razzi, Siliquini. Non deve essere facile prendere sonno mentre si avvicina il primo e ultimo giorno della loro vita in cui conteranno forse qualcosa.

domenica 12 dicembre 2010

Natalità

Una volta ero convinta che i mercatini di Natale fossero una cosa da crucchi. Roba che si fa da Trento in su, sconfinando poi in Austria, Germania e proprio per non farsi mancare nulla fino in Svizzera.
Illusa eh.
Qui e' un tutto un proliferare di banchetti e mercati, tutti rigorosamente artigianali. E anche se uno ha fatto scorta e sbornia in Fiera, poi nella bancarella ci incappa sempre. Quella cittadina, quella rionale, quella parrocchiale, fino a quella associazionale, basta scegliere una causa, possibilmente persa, che il mercatino diventa tappa obbligata.
Ora, non e' che uno chieda sempre le pantofole di feltro o il sacchetto coi semi di lino. Pero', per favore, la smettiamo di decorare coppi? Che pensavo anche di farne scorta, si sa mai che nella mia vita debba prima o poi rimetter mano al tetto di casa. Pero' col decoupage mi fan pure un po' tristezza.

p.s. tralascio, volutamente, il fatto che a Roma vi siano ben altri mercatini in corso.
Ciarpame, non so come altro definirli.

venerdì 10 dicembre 2010

Con.vivenze

Tu, che sorseggi il tuo caffè al ginseng, che blateri di Santander,
che speculi sul Guggenheim e racconti del Kinderheim
Tu, che gorgheggi sul nulla, che programmi il week end per uscire coi friend
Tu, che scegli i biscotti e intanto borbotti
Si, proprio Tu

Scusa, se lavorando disturbo la tua pausa.

(mavaffanculo, va)

mercoledì 8 dicembre 2010

Harry, oh yes!

Io il capitolo numero sei della saga di Harry Potter al cinema non l'ho visto. Credo, o per lo meno le mie figlie giurano sia così, di essermelo sorbito solo in home video. Ma devo averlo rimosso, visto che non me lo ricordo. E comunque e' dal Calice di Fuoco in poi che i film mi son sembrati francamente inguardabili. Bignami mal fatti, che tolgono e distorcono fatti e trame agli occhi di chi ha letto i libri, accozzaglie di eventi poco plausibili per chi invece i libri non li ha neppure iniziati.
Ma questo e' il settimo capitolo. Parte prima. Quello che anticipa il gran finale. E allora, give it a chance, mi son detta. E ho fatto bene. A parte il fatto che l'aver spezzato il malloppone in due parti consente maggiore fedeltà alla storia, finalmente si abbandonano i pruriti ormonali e si cammina decisi verso l'oscurita'. Qualcosa giocoforza non e' spiegato: vorrebbe dire chiarire forse con un po' troppo anticipo il ruolo di alcuni personaggi. Pero' il film regge e regge bene. Nagini fa paura quanto basta e quanto deve, di Mundungus Fletcher a mala pena mi ricordavo, Nymphadora compare troppo poco per i miei gusti, Neville Paciock dice solo una battuta, che pero' già ne delinea la nuova sicurezza, la scena a casa di Bathilda Bath e' resa proprio come me la immaginavo, mentre c'e' qualche reticenza sul legame tra Silente e Grindelwald. E comunque si ride, anche. Tanto che alla fine, a me e' spiaciuto andarmene. Così come mi spiace dover aspettare a luglio per la seconda parte. Una maratona Harry Potter l'avrei anche fatta, perché no?

martedì 7 dicembre 2010

Lo scrivo? Lo scrivo

A me l'idea che i radicali possano votare la fiducia o anche solo astenersi il prossimo 14 dicembre fa ancora più schifo che sentire gli avanti e indrè di Fini e Casini. Più o meno come quando parla Capezzone, ecco. Che con lui ci ho un conticino in sospeso. Comunque poi vorrò vederli quando qualcuno vorrà mettere le mani sulla 194, quando si tornerà a parlare di amnistie, immigrazione, di fine vita. Oh sì, li vorrò proprio vedere. Avranno ottenuto ex lege i loro cinque minuti di gloria in Rai. A quale prezzo?

sabato 4 dicembre 2010

Jesse

Più ci penso e più la proposta del consigliere provinciale di Padova, Giovannoni, mi manda in bestia. Perché non c'è ritrattazione, correzione di tiro, rettifica, malinteso che tenga. Quando uno le dice, certe cose, vuol dire che le ha radicate nel fondo dell'anima. Posto che un'anima ce l'abbia. E dovrebbe essere chiamato a risponderne. L'apologia di razzismo esiste.

E comunque Giovannoni arriva comunque qualcosa come una settantacinquina di anni in ritardo.
Qui sotto Jesse Owens. Berlino. 1936.

venerdì 3 dicembre 2010

Ponteggio [Prove pratiche di]

Allora, da queste parti è ormai il count down. Poche ore, dipende da quando si son timbrati i cartellini, e il GPS, Grande Ponte di Sant'Ambrogio, avrà ufficialmente inizio. Perché per i milanesi, sia ben chiaro, l'Immacolata non conta quanto Sant'Ambrogio, che quello ce lo abbiamo solo da queste parti e ce lo teniamo ben stretto, con una devozione che Padre Pio se la scorda. Perché con il Gps si apre la stagione in montagna e inizia ufficialmente anche il Natale. Che tutti i giorni che poi passano dal 9 al 24 dicembre sono semplici incidenti di percorso, nei quali bisogna finire tutto quel che c'è da finire prima del panettone, dei brindisi e degli auguri. Scuole chiuse, comunque. Anche quelle di provincia che non sia mai che non si adeguino al Gps. Per quel che ci riguarda, l'idea è di non muoverci da qui. Il che non significa non muoversi da casa, ma di orbitare intorno a Milano in un tour de force che secondo le tre mostre, due delle quali minorenni, dovrebbe entusiasmarmi. L'albero il giorno 7 è di rigore, così come è di rigore una mattina all'Artigiano in Fiera. Gli Oh Bej Oh Bej si saltano, va da sè, mentre mi mette ansia la richiesta della più piccola delle tre: vuole che la accompagni da Abercrombie giusto per vedere se i modelli son belli come dicono le sue amiche. Che ovviamente verrebbero tutte in spedizione con noi, per non perdere la chance. Non è che esiste una webcam nel negozio, vero? Però siccome mi vogliono bene, mi han detto che mi portano al cinema. Purché paghi io, va da sé. Ma per Harry Potter non ci metteranno poi molto a convincermi.

Ah. C'è anche la prima della Scala. Quest'anno Die Walküre, mica pizza e fichi. Troppa cultura eh? Ma c'è sempre il red carpet per distrarsi un po'.

giovedì 2 dicembre 2010

Lib[e]ra.mente

Oggi Repubblica dedica un servizio alla faccenda dei Book Bloc (che magari se qualcuno glie lo spiegasse che non è block non sarebbe così male). E devo dire che c'è qualcosa di davvero drammatico nelle immagini che circolano in rete, dei poliziotti che manganellano i libri. Che se uno avesse voluto costruire a tavolino un simbolo per un potere che se la prende con la cultura, avrebbe fatto fatica a trovarne uno più efficace di questo. Però è vero anche che cerco di sbirciare, tra le gallery, i libri scelti da questi ragazzi. I titoli. I romanzi. Gli autori. Per capire se davvero c'è tanta distanza tra noi. Ed è bello pensare che c'è ben più di qualcosa che ci unisce. E sta in quelle pagine lì. Quelle vecchie di secoli, e quelle nuove di mesi o di pochi anni appena. E che nemmeno un manganello riesce a cancellare.

mercoledì 1 dicembre 2010

E poi

ho finito per comprarmela, la gonna di Desigual.
Che tanto da Coin non ci riesco mai a passare.